La maggioranza di Governo giallo-verde sembra procedere sulla via dello stop alla spesa di domenica. Ci si propone, insomma, di mandare in soffitta le liberalizzazioni del Governo Monti che rispondevano, secondo la maggioranza, alle esigenze di un’altra, e piùflorida (?), situazione economica.
L’attuale proposta reintroduce la chiusura domenicale obbligatoria e affida a Comuni e Regioni il compito di determinare il nuovo quadro delle regole, fissando un massimo di circa 8 aperture straordinarie (di cui 4 per le domeniche di dicembre). Si sostiene, in questa prospettiva, che occorre una rivisitazione complessiva della normativa che da una parte non penalizzi il commercio, in particolare quello di prossimità e le botteghe storiche e, dall’altra, restituisca ai cittadini e alle famiglie una dimensione socio-economica più a misura d’uomo, riscoprendo il gusto, e il valore, della domenica e delle festività.
Molti anni fa, correva l’anno 2005, il Mcl lanciava un appello “la Domenica è festa” in cui si chiedeva che il lavoro domenicale fosse consentito, ed effettuato, solo per comprovate necessità tecniche, per rilevanti esigenze di servizio alla collettività oppure per ragioni di significativa utilità pubblica.
Molto in questi 13 anni è cambiato. Quella scelta di campo, però, valoriale ed economica rimane certamente valida anche se, nel dettaglio normativo, si dovrà partire da un’analisi seria, e realistica, del tessuto produttivo, e dall’organizzazione del lavoro, esistente.
L’auspicio, inoltre, è che la scelta venga fatta, come non sempre sta accedendo in questi mesi, confrontandosi, e dialogando, con le parti sociali e tutti i soggetti coinvolti. Il cambiamento, infatti, non si impone per decreto.
di Giancamillo Palmerini
Esperto in materie del lavoro – MCL
12 Settembre 2018